la nuova fase della lotta alla pirateria
Recentemente, la battaglia contro il pezzotto ha subito un cambiamento significativo. L’attuale strumento denominato Privacy Shield, introdotto all’inizio dell’anno, ha mostrato limiti nell’efficacia nel bloccare gli indirizzi delle televisioni pirata, costringendo Consip a prevedere una seconda versione più efficiente. Nel frattempo, l’AGCOM sta valutando modalità per limitare le app VPN su smart TV, con l’obiettivo di scoprire gli utenti che accedono a contenuti tramite le IPTV.
Questi sviluppi evidenziano l’intensificazione della lotta alla pirateria, mentre nel contesto legale, la Lega Calcio ha subìto un rifiuto del ricorso urgente contro Cloudflare, denunciando il mancato rispetto dei blocchi suggeriti dal Privacy Shield, favorendo indirettamente le TV pirata.
blocco delle app su smart TV
Una delle proposte emerse dall’AGCOM è il blocco delle app sulle smart TV. Gli utenti sfruttano le app IPTV per accedere a contenuti piratati, ma utilizzo di una VPN per nascondere l’indirizzo IP complica le operazioni di identificazione. Sebbene l’uso della VPN e delle app IPTV non sia illegale, l’AGCOM considera questi strumenti un agevolatore della pirateria.
Per tale motivo, si sta esercitando pressione su due produttori di televisioni (si ipotizza LG e Samsung) affinché, a partire da settembre, rimuovano dai loro marketplace una specifica app, la cui identità non è stata rivelata, appartenente a una società con sede nell’Unione Europea. Nonostante la legittimità dell’app, la richiesta potrebbe risultare complessa a causa delle tecnologie come CDN, DNS Autoritativo e reverse proxy, già sfruttati per creare canali pirata.
Inoltre, la Lega Calcio, insieme a DAZN e Sky, ha tentato di ricorrere contro Cloudflare, che non ha aderito al Privacy Shield. Il ricorso è stato rifiutato dal Tribunale di Milano, non essendo provata alcuna complicità da parte dell’azienda americana.
il privacy shield è saturato: si cerca una nuova versione
La discussione sul Privacy Shield si concentra ora sulla creazione di una versione 2.0 più efficace in grado, per esempio, di consentire l’invio automatico di multe agli utenti. Attualmente emergono due principali criticità: la gestione simultanea delle richieste di oscuramento, che ad oggi sono circa 60-70 su un totale medio di 300, e l’elevato numero di indirizzi IP da bloccare.
Infatti, l’attuale Privacy Shield ha raggiunto già quota 18.000 indirizzi, risultando saturo e creando difficoltà operativa, in quanto non prevede la revoca del blocco degli indirizzi. Questo è problematico poiché, nel momento in cui un indirizzo IP viene bloccato, i gestori delle piattaforme illegali lo cambiano dinamicamente. Ad esempio, solo nella prima giornata di Serie A, su segnalazione di DAZN, sono stati bloccati 210 indirizzi nei primi 30 minuti di gioco.
Al momento, l’attuale Privacy Shield italiano si basa su un meccanismo di revoca non ancora normato, atteso grazie all’ultimo decreto Cultura del Governo. Nonostante ciò, l’AGCOM ha affidato l’incarico a Consip di avviare una gara per la realizzazione del Privacy Shield 2.0, ma i tempi di arrivo di questa nuova misura potrebbero non essere brevi.
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