Il rientro di Donald Trump alla Casa Bianca riaccende l’interesse per alcune delle sue idee audaci emerse durante il primo mandato. Tra queste figura una proposta che ha suscitato tanto fascino quanto scetticismo: l’acquisizione da parte degli Stati Uniti di Nokia, Ericsson o persino di entrambe le aziende. Questa opzione, avanzata per la prima volta dall’ex Procuratore Generale William Barr nel 2020, potrebbe tornare in auge mentre gli Stati Uniti cercano di rafforzare la propria posizione nel settore delle telecomunicazioni globali.
Le motivazioni alla base della proposta
Gli Stati Uniti presentano una scarsa presenza nel settore della produzione di apparecchiature per le telecomunicazioni, ritenuto cruciale sia per la tecnologia civile che per quella militare. Con il crescente bisogno di reti affidabili, emerso con particolare urgenza durante i conflitti recenti, gli Stati Uniti hanno un interesse strategico nel garantire la propria infrastruttura telecomunicativa. Nokia ed Ericsson, i due attori dominanti nel mercato occidentale, potrebbero rappresentare una soluzione.
Il piano originale di Barr proponeva che gli Stati Uniti acquisissero una “partecipazione di controllo” in una o entrambe le aziende, sia direttamente che tramite un consorzio di aziende private. Sebbene l’idea fosse considerata surreale all’epoca, la logica sottostante rimane attuale. Gli Stati Uniti hanno esercitato pressioni sui propri alleati affinché evitassero Huawei, lasciando a Nokia ed Ericsson come alternative principali, sebbene entrambe abbiano affrontato difficoltà economiche, sollevando interrogativi sulla loro sostenibilità nel lungo periodo.
I problemi di Nokia ed Ericsson
Nonostante il loro predominio nei mercati occidentali, Nokia ed Ericsson si sono trovate ad affrontare sfide significative. Entrambe le aziende hanno registrato prestazioni finanziarie deludenti negli ultimi anni e non hanno ricevuto un forte supporto da parte dell’Unione Europea, situazione sorprendente considerando che l’equipaggiamento per telecomunicazioni è uno dei pochi settori in cui l’Europa ha un vantaggio tecnologico.
Nell’ottica di una rara collaborazione, i CEO di Nokia ed Ericsson hanno recentemente partecipato a un evento di lobbying congiunto a Bruxelles, esortando l’Unione Europea ad agire celermente per prevenire l’allargamento del divario tecnologico con gli Stati Uniti.
La propensione ad avvicinarsi agli Stati Uniti
Entrambe le aziende hanno mostrato interesse a stabilire legami più stretti con gli Stati Uniti. Il CEO di Ericsson, Börje Ekholm, risiede negli Stati Uniti e ha accennato alla possibilità di trasferire la sede principale della società. Inoltre, Ericsson ha effettuato una donazione pubblica per l’inaugurazione di Trump, dimostrando apertura verso il nuovo governo.
D’altro canto, Nokia ha dichiarato che considera gli Stati Uniti la sua “seconda patria”, nonostante abbia perso importanti contratti con società americane come Verizon e AT&T. La nomina di Justin Hotard, un cittadino statunitense ed ex dirigente di Intel, a nuovo amministratore delegato, sottolinea l’attenzione dell’azienda verso il mercato americano.
Un avvicinamento ai legami statunitensi comporta dei rischi. Se una delle aziende dovesse diventare a tutti gli effetti un’entità statunitense, potrebbe guadagnare un vantaggio considerevole sull’altra, minacciando l’equilibrio attuale fra le due aziende.
Una proposta intrigante
Il piano di Trump di acquisire Nokia o Ericsson rimane per il momento un’idea, ma evidenzia l’importanza dei marchi di telecomunicazione nel contesto attuale. Qualora questo progetto dovesse concretizzarsi, metterebbe in luce la crescente competizione tra Stati Uniti, Europa e Cina per il dominio tecnologico. Al momento, le prospettive future per Nokia ed Ericsson e il loro ruolo nelle telecomunicazioni globali restano incerti.
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