Nel contesto attuale dell’intelligenza artificiale, il valore delle informazioni è estremamente elevato, soprattutto per sviluppatori e aziende. Dati provenienti dall’utilizzo di migliaia, o addirittura milioni, di utenti possono contribuire al dataset necessario per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale. In questo panorama, Microsoft si distingue come un attore di primo piano, collaborando strettamente con OpenAI. Recentemente, però, è stato sporto un giudizio contro LinkedIn, accusato di raccogliere dati senza autorizzazione per l’addestramento di algoritmi di AI.
Una causa legale accusa LinkedIn di condividere dati con terze parti per l’addestramento dell’AI
Numerosi servizi consentono agli utenti di condividere i dati relativi all’uso della propria applicazione con il sviluppatore. In linea generale, all’atto dell’attivazione, viene comunicato che le informazioni resteranno private e non verranno utilizzate per identificare l’utente, ma solamente per migliorare l’applicazione. Un’esperienza simile si riscontra all’impostazione iniziale di un dispositivo Android, dove viene proposta la possibilità di attivare o disattivare tale opzione.
Recenti notizie suggeriscono che LinkedIn potrebbe aver introdotto silenziosamente un’opzione per condividere dati di utilizzo senza un’adeguata autorizzazione. Secondo un report della BBC, la causa legale sostiene che LinkedIn avrebbe attivato un’impostazione predefinita senza informare gli utenti. Ciò implica che l’azienda potrebbe essere coinvolta nella condivisione di informazioni private, inclusi messaggi diretti, con soggetti esterni per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale.
Sebbene esista la possibilità di disattivare tale condivisione, la causa denuncia che LinkedIn abbia attuato questa modifica senza l’informazione adeguata agli utenti. Di conseguenza, un ampio numero di persone potrebbe attualmente condividere dati sensibili senza esserne consapevoli. Il documento legale afferma che LinkedIn ha aggiornato la sezione FAQ per riflettere l’esistenza della nuova impostazione, la quale, però, indica che disattivarla non avrà alcun impatto sui dati già condivisi.
Gli attori coinvolti nella causa richiedono un risarcimento di 1.000 dollari per ogni utente colpito. Dall’altro lato, il team di LinkedIn sostiene di non aver commesso alcuna irregolarità, ritenendo le accuse “prive di fondamento” secondo le parole di un portavoce dell’azienda.
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