L’emergere degli smartphone ha segnato un cambiamento notevole con progressi tecnologici rapidi. Al giorno d’oggi, tali miglioramenti si sono notevolmente rallentati. Un fenomeno simile, conosciuto come “peak data”, affligge il campo dell’intelligenza artificiale. Fortunatamente, i ricercatori di Google DeepMind sembrano aver trovato una soluzione a questo problema.
Comprensione del “peak data”
Il “peak data” si riferisce a un concetto simile all’evoluzione tecnologica. All’inizio, quando le innovazioni sono fresche e poco esplorate, i progressi sono significativi. Man mano che la tecnologia si sviluppa e matura, i miglioramenti diventano marginali.
In pratica, il peak data indica che gran parte dei dati utili disponibili su internet ha già addestrato i modelli di intelligenza artificiale. L’Ilya Sutskever, cofondatore di OpenAI, ha affermato in un recente incontro che si è raggiunto il picco dei dati e che non ci saranno ulteriori sviluppi in tal senso. Questa prospettiva può risultare preoccupante considerando gli ingenti investimenti di molte aziende nel settore.
La strategia di Google
I ricercatori ritengono di poter superare il peak data cambiando l’approccio ai modelli di intelligenza artificiale. Propongono un metodo conosciuto come “inferenza in tempo di computazione”. Questo approccio consiste nella suddivisione di una richiesta in compiti più piccoli, trattando ciascuno di essi come un prompt autonomo. In tal modo, invece di affrontare una richiesta complessiva, il modello IA scompone la richiesta in parti e lavora su di esse una alla volta, senza passare al compito successivo fino a quando il precedente non è stato eseguito correttamente.
Questo metodo può essere paragonato alla preparazione di un piatto seguendo una ricetta. Ogni preparazione comporta diversi passaggi, ma anziché effettuare tutte le operazioni simultaneamente, si procede per gradi: si sbuccia prima l’aglio, poi lo si trita, successivamente si passano le cipolle, per poi affrontare le carote e così via.
Nel mese di agosto, i ricercatori di Google DeepMind hanno pubblicato un articolo di ricerca riguardante il loro approccio, evidenziando il potenziale di superare il fenomeno del peak data. Non si può considerarla una soluzione definitiva.
Charlie Snell, uno dei ricercatori coinvolti, ha affermato che la computazione in tempo di inferenza è efficace per domande che presentano risposte chiare e dirette, come problemi di matematica. Per quanto riguarda le richieste che richiedono un processo di ragionamento, la situazione risulta più complessa. Nonostante ciò, ci sono segnali iniziali di successo, il che offre una certa speranza.
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